Agner - La Grande Parete Nord

VALLE di SAN LUCANO
LA GRANDE PARETE NORD

"La grande Parete rimane immobile nei millenni, nemmeno si accorge di noi microscopici alpinisti che convinti di poterla sfidare ci vantiamo di averla "vinta".
L'Alpinismo è un viaggio nel nostro ego, una sfida alle nostre capacita' psicologiche, una lezione di vita per noi piccoli mortali al cospetto dell'eterna Parete Nord dell'Agner.
Un giorno, guardandoci indietro, capiremo che quelle linee verticali non furono tracciate sulla roccia, ma nelle nostre emozioni."

L'Agner: "il gigante di pietra", "l'obelisco nel cielo", "la perfezione dell'architettura dolomitica" oppure semplicemente "el Piz" per noi, nati e cresciuti alle sue pendici testimoni dell'immenso e guardiani del tempo. Un tempo fermo, immobile da decenni. Nulla è più successo sulla grande parete: scomparsi i sentieri dei contrabbandieri sulle estreme cenge, ricresciuti gli alberi tagliati sulle ripide pendici, sfondati i tetti di legno delle ultime malghe e ritornate le mandrie di cervi. L'ultimo bar in paese è la roccaforte di un'epoca che sembra lontana, del boom turistico, dei campeggi, delle discoteche, delle pizzerie, delle vie ferrate e delle vie spit; all'ingresso una foto dell'Agner con indicate le linee verticali di alcune vie alpinistiche. Con un buon occhio dal piazzale è ben visibile lassù il Bivacco Cozzolino, eredità della corsa agli ultimi spigoli, agli ultimi diedri e alle ultime pareti vergini quando decine e decine di turisti, valligiani e giornalisti rimanevano giornate intere con binocoli e nasi all'insù ad osservare quegli arrampicatori folli spingersi verso la gloria.
E chi ci crede ora a queste storie? Dov'è finito tutto? Saranno ancora lassù i cunei di legno incastrati da Attilio Tissi nelle fessure della "Cima Maria Josè"? E i chiodi di quel giovane Reinhold Messner sull'Agner? Chi li ricorderà e soprattutto, fino a quando?
Di colpo un boato sconquassa la valle. L'Agner oggi scarica. La Valanga precipita in pochi secondi per più di mille metri schiantandosi sui ghiaioni e la nuvola di neve polverosa arriva in fondo alla valle. "Sull'Agner non ci si deve andare in inverno" dicevano i nostri vecchi "e d'estate bisogna temerlo". Loro ben sapevano che chi ritornava vivo dalla Montagna non aveva meriti, ma solo fortuna. Sapevano che l'Agner con la sua grande Parete Nord era immobile nel tempo dall'alba del mondo. Mai si era mosso, e mai si muoverà in futuro. Chi può credere di poterlo sottomettere con una corda? O di poterlo piegare con un chiodo ad espansione? Chi ha la presunzione di credersi immortale al cospetto dell'eternità della grande Montagna? Spariranno un giorno i segni rossi ormai sbiaditi e si corroderanno i cordini di ferro ormai arrugginiti ed inutilizzabili.
Da decenni i bramiti dei cervi segnano di nuovo l'arrivo dell'autunno, e il canto dei galli forcelli ugualmente l'arrivo della primvera. Le maestose corna degli stambecchi si sono stagliate di nuovo dopo secoli nei tramonti delle Pale dei Balconi e l'orso ha ridisceso possente il Boral de le Scandole. Tornerà il lupo e torneranno i bisonti, e l'Agner governerà di nuovo incontrastato sulle grandi foreste di conifere. E' solo questione di tempo.
Alla fine dei tempi gli unici esseri mortali rimasti immobili lassù saranno soltanto i camosci; unici, loro, a conservare il diritto di poter chiamare "casa" la Grande Parete Nord.








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